La finanza, in una metafora divenuta iconica, è dipinta come the greatest game in town, il più grande gioco in città. I mercati finanziari sono una grande arena in cui si scommette, si bluffa, si vince e si perde, un’immagine cristallizzata poi anche nel lessico del “giocare in borsa”. 

È il gioco più grande, ma è anche il gioco più difficile in città. L’illusione di poter competere alla pari con chi naviga i mercati per professione è all’origine di diversi errori che compromettono una buona gestione di portafoglio.

Qui ne vediamo alcuni che sono particolarmente radicati e che hanno conseguenze deleterie per il proprio portafoglio di investimento. Li chiamiamo “le grandi scommesse”, “aspettare il momento giusto” e “non avere un piano”.

L’investitore ingenuo è alla costante ricerca dell’affare del secolo. L’asset o il titolo da comprare – come la criptovaluta o meme stock con l’hype giusto; oppure quello da vendere allo scoperto – come i mutui subprime nel 2008, la sterlina britannica di George Soros del Settembre 1992 o il petrolio negativo durante il lockdown del Covid.

Quello che l’investitore ingenuo ignora è che le variabili in gioco nei mercati sono tantissime, molte delle quali imprevedibili e non controllabili, e sono proprio queste che trasformano l’opportunità in rovina.

I mercati, lo diciamo spesso, sono un gioco probabilistico ed è molto più probabile che il proprio portafoglio aumenti di valore nel tempo se si segue una strategia con fondamenta solide rispetto ad avventurarsi in azzardi dove solo pochi, a volte aiutati dal caso, riescono ad avere successo.

Il “più grande gioco in città” è affollato da diverse tipologie di operatori: ci sono gli investitori retail alle prime armi, i risparmiatori competenti, gli investitori qualificati (come analisti e trader), gli istituzionali e gli insider. 

Il mito della grande scommessa è molto vivo tra chi occupa lo scalino più basso di questa gerarchia, i dumb money, come sono chiamati in contrasto agli smart money

Nella ricerca dei “grandi affari”, tuttavia, non sono solo i dumb money a perdere soldi. Nella prima metà di questo 2025, gli hedge fund che hanno fatto “la grande scommessa” contro il mercato americano dopo il dip toccato nel contesto del “Liberation Day” di Trump, hanno fatto registrare perdite aggregate superiori ai 300 miliardi.

Ma se i professionisti, come i gestori di hedge fund, possono concedersi qualche scommessa restando in piedi, il discorso è diverso per l’investitore retail che fa della continua ricerca di affari il proprio modus operandi. È molto probabile che quest’ultimo finisca, un po’ alla volta, per disperdere il patrimonio tra commissioni e perdite irrecuperabile.

Non è vero, come si sente talvolta dire, che non esiste il momento giusto per investire in questa o quell’asset class. La verità è che il momento giusto esiste ma non è dove si tende ingenuamente a pensare e, di conseguenza, il rischio di attenderlo è quello di perdere una parte significativa di rendimento.

Nell’Inghilterra degli inizi del XX secolo diventò popolare un gioco, il “beauty contest”. Un giornale britannico pubblicava delle foto di alcune donne e il lettore doveva indovinare quale sarebbe stata la donna vincitrice del “concorso di bellezza”, ovvero la più votata. Era un gioco di secondo livello: il lettore non votava la donna che lui considerava più bella ma votava quella che secondo lui sarebbe stata considerata più bella dalla maggioranza. Il gioco diventava poi di terzo, quarto livello, ecc.: per indovinare la donna più votata dagli altri si cercava di indovinare quale fosse l’opinione degli altri sull’opinione degli altri, e così via.

Era un gioco estremamente difficile. Secondo J.M. Keynes, il grande economista britannico, i mercati finanziari sono analoghi a dei beauty contest: i prezzi riflettono le aspettative degli investitori e poi le aspettative degli investitori sugli altri investitori e così via.

Chi cerca il momento giusto, tende a ragionare come se i mercati fotografassero la realtà così com’è attualmente. I mercati, invece, riflettono le aspettative sul futuro e le aspettative sulle aspettative e così via. Decifrare aspettative di livelli sempre superiori è un esercizio molto complesso e rischioso. 

Ne abbiamo avuto un esempio vivido proprio nel primo semestre di questo 2025. Dopo gli annunci dei dazi di Trump, con i mercati che ripiegarono significativamente nel giro di qualche giorno, in molti pensarono di vendere, aspettando che le turbolenze si calmassero per poi rientrare. 

Sappiamo che non hanno fatto in tempo, perché dopo il sell-off avvenuto tra il 2 e il 4 Aprile, i mercati hanno registrato una V-recovery simile a quella osservata con la pandemia del 2020.

Stiamo forse simpatizzando con la retorica dei promotori di banche e rete che ci vorrebbero sempre “fully invested”? Conosciamo il conflitto d’interesse che ne è alla base: la loro remunerazione è vincolata a questo. 

Assolutamente no. Quello che stiamo dicendo e che abbiamo a più riprese comunicato ai nostri clienti in quel frangente è che la statistica parla chiaro: quando ci sono sell off come quelli del 4 Aprile 2025 (uno dei peggiori della storia) con livelli di volatilità altissimi, i mercati possono poi risalire così rapidamente da lasciare fuori chi aspetta anche solo qualche giorno.

Quello che stiamo dicendo è che le decisioni vanno prese sulla base di un metodo e di dati quantitativi. Per questo motivo è fondamentale avere un piano e una strategia da seguire per mantenere la rotta anche nei mari più burrascosi.

La natura probabilistica dei mercati finanziari fa sì che chiunque, qualche volta, possa avere successo. Nel lungo termine, però, solo chi ha un piano e delle competenze può sopravvivere e vincere.

Uno dei rischi maggiori per chi investe è essere in balia delle due emozioni principali che guidano i mercati: la paura e l’avidità. Sono così importanti che è stato creato un termometro per misurarle, il Fear and Greed Index.

Queste due emozioni, se incontrollate, si traducono nel sell off generalizzato ogni qualvolta si superi una soglia di sopportazione (per qualcuno può essere un – 10%, per altri un – 30%) e in una FOMO (fear of missing out, paura di perdere l’occasione) ogni qualvolta c’è dell’hype su qualche asset e si teme di essere gli unici a perdere l’affare del momento.

Avere un piano significa innanzitutto sapere perché si investe: sapere che obiettivo si vuole raggiungere e in che orizzonte temporale. E avere un piano significa sapere che cosa fare quando le cose non vanno come ci si aspettava.

In RV Capital Partners poniamo spesso l’accento sugli errori comportamentali, sull’importanza di conoscerli ed evitarli. 

Evitare certi errori è tanto importante quanto scegliere i giusti strumenti di investimento. 

Le grandi scommesse, l’attesa del “momento perfetto”, l’assenza di un piano chiaro sono solo alcuni degli scogli da evitare.

Abbiamo raccolto in una guida gratuita i 7 errori più comuni che compromettono la gestione patrimoniale — gli altri 4, altrettanto insidiosi, ti aspettano lì.

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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