Il rischio è un concetto probabilistico.
Se un evento ha una probabilità di accadere, ossia se la sua probabilità è diversa da 0% o 100%, vi è un rischio. In finanza il rischio è associato all’idea di perdita ma in realtà perdita e rendimento sono due facce della stessa medaglia.
Se un evento incerto può procurare una perdita inattesa, un altro evento altrettanto incerto può procurare un rendimento superiore alle attese. Le metodologie di gestione del rischio ruotano tutte attorno al concetto di variabilità, o volatilità, del rendimento; nel corso di questo articolo analizzeremo la tecnica più utilizzata nella gestione del rischio ma parleremo anche dei concetti di base che tutti dovrebbero padroneggiare se si interessano di investimenti.
Di cosa si tratta
La gestione del rischio, risk management in inglese, in finanza è l’insieme di tecniche e strategie utilizzate per identificare, valutare e mitigare i potenziali rischi associati ad un’attività finanziaria.
Questo processo è fondamentale per proteggere gli investimenti, minimizzare le perdite e quindi massimizzare il guadagno nel lungo periodo.
La gestione del rischio in finanza può riguardare molteplici aspetti, e a livello generale è opportuno distinguere tra la gestione del rischio ex-ante e quella ex-post. In altre parole, vanno distinte le tecniche da utilizzare prima che i rischi si materializzino rispetto a quelle da utilizzare una volta che gli eventi accadono.
L’obiettivo finale è quello di bilanciare i potenziali guadagni con i rischi associati ad un’attività finanziaria, al fine di ottenere un rendimento complessivo ottimale ossia il più alto possibile a parità di rischio.
Come abbiamo detto spesso in vari articoli precedenti le valutazioni vanno fatte ex-ante: fare un investimento molto rischioso, che potenzialmente può far perdere molto, è una pessima idea a priori anche se le cose vanno bene e i risultati sono positivi.
Si tratta di fortuna e di speculazione non di investimenti fatti con metodo. Basta ripetere l’esercizio un numero sufficiente di volte e il rischio di rovina è assicurato.
Di casi del genere sono piene le cronache, individui e istituzioni che iniziano a speculare forsennatamente e che raggiungono ben presto la banca rotta.
Per un esempio recente a noi vicino basti pensare al caso Cimolai: un’eccellenza industriale italiana trascinata nel baratro dalla speculazione finanziaria incontrollata. In questo caso i derivati originariamente utilizzati per la copertura del rischio cambio (Cimolai vendeva molto all’estero) sono stati utilizzati con finalità di speculazione e profitto anziché di copertura, con l’Euro Dollaro che è passato da 1,20 a 0,96 nel giro di pochi mesi sono arrivate le margin call delle banche.
Fare riferimento a questo articolo per una descrizione dettagliata del meccanismo di margin call.
Fasi e processi
Le fasi di gestione del rischio come detto vanno distinti in ex-ante ed ex-post.
Le metodologie di gestione ex-ante dei rischi sono:
- la diversificazione degli investimenti,
- la copertura con strumenti finanziari derivati,
- l’utilizzo di analisi di scenario e
- la definizione di limiti di esposizione.
Le metodologie di gestione ex-post dei rischi sono:
- la stop loss, ossia la fissazione di limiti massimi di perdita oltre i quali una determinata posizione viene chiusa,
- la ridefinizione dell’orizzonte temporale,
- la ridefinizione dell’obiettivo di investimento.
Ridefinire l’orizzonte temporale, allungandolo, significa accettare una determinata volatilità dandosi più tempo per recuperare l’evento di rischio avvenuto (la perdita).
Ridefinire l’obiettivo d’investimento, al ribasso, significa prendere atto dell’avvenuto cambiamento di condizioni del mercato e rivedere il profilo rischio rendimento del portafoglio, modificandolo di conseguenza.
Ma come funziona il processo di gestione del rischio? Vediamolo con un esempio.
Un esempio
La principale metodologia utilizzata per gestire il rischio negli investimenti è rappresentata dal VaR, il Value at Risk, ossia il valore a rischio. Si noti che la tecnica del VaR rappresenta un efficace metodologia di misurazione e quindi di gestione del rischio ex-ante.
La tecnica del VaR in essenza vuole rispondere ad una domanda semplice:
- nel corso del prossimo anno, qual è la perdita massima che il mio portafoglio nella sua configurazione attuale potrebbe avere?
Ovviamente non è possibile rispondere a questa domanda con un grado di certezza del 100%, chiamato tecnicamente livello di confidenza, perché i mercati sono per definizione incerti; non posso mai essere certo al 100% di nulla.
Quindi il VaR risponde alla domanda di cui sopra con un grado di certezza, o confidenza, inferiore al 100%. Questa premessa è importante perché il VaR ruota attorno al concetto di livello di confidenza.
Una possibile riposta alla domanda VaR potrebbe essere ad esempio che la perdita massima nel corso del prossimo anno del mio portafoglio sarà del 5% (o 50.000 euro se il mio portafoglio è di un milione, si noti che solitamente il VaR viene espresso in controvalore) con un livello di confidenza del 98%.
Ossia nel 98% dei casi il mio portafoglio non perderà di più di 50.000 euro.
Per raggiungere questo valore (50.000 euro) con questo livello di confidenza (98%) bisogna fare delle ipotesi.
In particolare, per determinare il livello di confidenza dobbiamo ipotizzare che ci sia una determinata distribuzione di probabilità degli eventi rischiosi. Nelle ipotesi, come sempre in finanza, risiede il tallone d’Achille del VaR e di tutte le tecniche simili di gestione del rischio.
Per determinare il livello di confidenza, ossia la probabilità degli eventi futuri, del nostro VaR abbiamo due possibilità: possiamo guardare al passato, usando le serie storiche passate dei rendimenti nelle varie configurazioni possibili; o possiamo ipotizzare il futuro facendo delle simulazioni, anche in questo caso utilizzando diverse tecniche e ipotesi.
I metodi di valutazione
Le principali metodologie ad oggi utilizzate per il calcolo del VaR sono:
- il metodo storico,
- il metodo varianza-covarianza,
- la simulazione Monte Carlo.
Il metodo storico è quello che guarda al passato come suggerisce il nome stesso mentre le altre due metodologie fanno delle ipotesi circa il comportamento futuro dei prezzi e quindi dei rendimenti del portafoglio. La differenza che si verificherà in termini di rischio rispetto alle ipotesi di partenza rappresenta il nostro vero rischio ex-post ma è difficilmente riconciliabile con il VaR.
“Il rischio è ciò che rimane dopo che pensi di aver pensato a tutto.”
Come facciamo a capire se il rischio, ad esempio il portafoglio che perde 60.000 euro, avviene perché siamo effettivamente siamo ricaduti all’interno del 2% di probabilità (avevamo stimato 50.000 euro con un 98%) o se fin dall’inizio abbiamo sempre avuto un probabilità superiore al 2% di perdere 50.000 ma non lo sapevamo?
A questa domanda non esiste risposta ma le principali critiche al VaR sono proprio riferite alle ipotesi di base. È anche uno dei motivi per cui ci sono vari modi di calcolare il VaR ciascuno con i suoi pro e contro. Ad ogni modo, nonostante i limiti è ancora la più utilizzata tra le tecniche quantitative di gestione del rischio.
Chi si occupa di gestione del rischio
Nelle società di gestione del risparmio, le SGR, e nei fondi d’investimento di tutti i tipi, coloro che si occupano della gestione del rischio sono i gestori di concerto con la figura del risk manager. Il risk manager supporta l’attività del gestore e verifica che vengano rispettate le regole di gestione del fondo dal punto di vista dei parametri di rischio.
È importante sottolineare che i gestori dei fondi, sia delle gestioni patrimoniali e sia tutti gli altri professionisti del settore hanno delle linee guida da rispettare nella gestione, tali linee guida si trovano in un documento che delinea la politica d’investimento del fondo. È sulla base di questo documento che il risk manager effettua i propri controlli e lavora insieme al gestore per minimizzare il rischio e ottimizzare i rendimenti.
Nelle società di consulenza finanziaria indipendente, le SCF, gestore e risk manager sono rappresentati dalla figura del consulente finanziario indipendente che svolge servizi di consulenza finanziaria indipendente e in questo caso ha il compito di capire prima di tutto qual è il livello di rischio adatto al cliente e poi di monitorare costantemente mercati e portafoglio per verificare il rispetto delle condizioni.
Nel mondo degli investitori privati il livello di rischio adatto al cliente trova esplicitazione nel profilo Mifid (ad es. medio, medio-alto, alto, etc..). Ad un determinato profilo Mifid corrisponde quindi, se la gestione è fatta bene, un determinato rischio massimo ex-ante che può essere misurato con la tecnica del VaR, solitamente con il metodo varianza-covarianza.
Purtroppo, le tecniche oggi disponibili, quali il VaR con metodo Monte Carlo e l’asset allocation dinamica, sono scarsamente utilizzate dalla maggioranza di coloro che offrono servizi di consulenza finanziaria al mondo degli investitori privati, principalmente banche e reti ma anche consulenti poco preparati e senza la necessaria esperienza.
La gestione del rischio se fatta in modo professionale non lascia nulla al caso e segue un preciso percorso metodologico tra parametri ex-ante e misurazioni ex-post.
La gestione del rischio professionale messa a disposizione degli investitori privati è il motivo alla base della nascita di RV Capital Partners perché pensiamo che ci sia un modo migliore di gestire il portafoglio rispetto all’allocazione statica in fondi troppo spesso presentata come l’unica alternativa.