Passato e futuro degli ETF

Gli ETF sono veicoli sempre più diffusi e sempre più conosciuti dai risparmiatori privati. Ne abbiamo già parlato e abbiamo già spiegato che cosa sono gli ETF e come funzionano.

In questo nuovo articolo vogliamo approfondire il loro recente sviluppo, che ha conosciuto una trasformazione rapida e una crescita senza precedenti.

Il primo ETF della storia è stato il SPDR S&P 500 ETF Trust, nato nel 1993 negli Stati Uniti: aveva, ed ha tuttora, l’obiettivo di replicare l’andamento dell’indice S&P 500.

Andamento dello SPDR S&P 500 ETF Trust
Andamento dello SPDR S&P 500 ETF Trust (SPY) dal 1993 al 2025.
Un investimento di 10.000 $ nel 1993 nel primo ETF della storia sarebbe valso oggi oltre 150.000 $, con un rendimento medio annuo di circa 9,8%, al netto delle oscillazioni di mercato.

Negli anni ’90 gli ETF erano strumenti semplici, pensati per replicare in modo fedele e a basso costo un indice di mercato.
Oggi, dopo oltre trent’anni, il settore è radicalmente cambiato: gli ETF sono diventati un contenitore che può racchiudere praticamente qualsiasi strategia d’investimento.

Nei primi otto mesi del 2025 sono stati lanciati più di 600 nuovi ETF solo negli Stati Uniti (1300 a livello globale nei primi sei mesi), molti dei quali si discostano fortemente dall’idea originaria di “replica passiva”.
Vediamo le principali categorie emergenti.

Tipologie di ETF

1. ETF attivi

Gli ETF attivi combinano i vantaggi tradizionali degli ETF (liquidità, trasparenza, costi contenuti) con una gestione discrezionale da parte di un team di investimento.
L’obiettivo non è più solo “replicare un indice”, ma batterlo.

A giugno 2025 gli ETF attivi costituivano il 29% degli afflussi netti globali in ETF, in crescita del 20% rispetto al 2024.

Tuttavia, i costi di gestione di questi ETF possono superare l’1% e la trasparenza sulle posizioni detenute è inferiore rispetto agli ETF passivi.

2. ETF tematici

Gli ETF tematici investono in società legate a un megatrend specifico — come l’intelligenza artificiale, la transizione energetica, la cybersecurity , etc.— offrendo la possibilità di esporsi a settori in rapida crescita

Questi strumenti stanno attraendo sempre maggiori flussi di capitale, ma bisogna ricordare che celano elevata volatilità.

Nei grandi indici azionari (come l’S&P500), le aspettative di crescita si distribuiscono su centinaia di società mature, con utili già visibili, la volatilità degli ETF che tracciano l’S&P500 riflette la volatilità dell’indice stesso.

Negli ETF tematici, invece, la scommessa è più concentrata: i portafogli comprendono spesso aziende giovani, ancora in fase di sviluppo o con ricavi limitati. Quando un tema diventa “di moda” il mercato tende a prezzare subito anni di crescita futura.
Ma se i risultati economici reali tardano ad arrivare, bastano notizie negative o tassi più alti per innescare correzioni anche profonde.

3. ETF su singoli titoli

Una delle novità più discusse sono gli ETF su singole azioni (single-stock ETF).
Questi strumenti consentono di replicare e amplificare l’andamento di un singolo titolo, come Apple o Tesla, spesso con leva 2x o 3x.
Negli Stati Uniti sono diventati popolari tra i trader, ma comportano rischi elevati: la leva giornaliera può generare perdite amplificate.

4. ETF crypto e digital asset

Il 2024 e il 2025 hanno visto l’esplosione degli ETF su criptovalute, come i Bitcoin ETF approvati dalla SEC americana.
Tra i più noti, l’IBIT di BlackRock e l’FBTC di Fidelity, che permettono esposizione diretta al prezzo di Bitcoin senza passare da exchange o wallet digitali.
Sono strumenti rivoluzionari per liquidità e accessibilità, ma restano esclusivamente disponibili negli Stati Uniti.

Fondi comuni contro ETF: differenze di efficienza e fiscalità

fondi comuni tradizionali nascono come strumenti di risparmio gestito in cui un gestore professionale decide come allocare il capitale degli investitori, con l’obiettivo di battere un benchmark di riferimento.

Gli ETF, invece, sono strumenti quotati in Borsa che replicano un indice o una strategia, offrendo trasparenza quotidiana sui portafogli e commissioni più contenute.

Negli Stati Uniti, la distinzione tra i due modelli si sta progressivamente riducendo.
Molti gestori stanno convertendo i fondi comuni in ETF, grazie al modello “share class”, che consente di offrire la stessa strategia di investimento in due versioni: una tradizionale, per la distribuzione tramite canali bancari o piani pensionistici, e una negoziabile come ETF sul mercato.
Questa struttura elimina parte delle inefficienze tipiche dei fondi comuni, in particolare quelle fiscali e operative.

Negli Stati Uniti, il modello “share class” ha accelerato una migrazione di capitali senza precedenti: Nella settimana chiusa il 24 settembre 2025, per esempio, gli ETF hanno raccolto +44,5 mld $ contro –15,0 mld $ dei fondi comuni (dati ICI).
In Europa, dove la normativa UCITS impone veicoli separati per ETF e fondi comuni, il processo è più lento ma la direzione è la stessa: trasparenza, efficienza e allineamento d’interessi tra gestore e investitore.

Europa e Italia: quali ETF sono disponibili agli investitori

La grande maggioranza degli ETF innovativi è quotata solo negli Stati Uniti, e non è accessibile agli investitori italiani o europei.
Il motivo è regolamentare:

  • il regolamento PRIIPs richiede che ogni prodotto destinato a investitori retail europei debba fornire un KID (Key Information Document) in una lingua ufficiale del Paese in cui è distribuito (in Italia deve essere in italiano). Molti ETF statunitensi (come quelli di BlackRock, ARK o Direxion) non producono KID, perché non sono pensati per la distribuzione fuori dagli Stati Uniti;
  • inoltre, gli ETF europei devono rispettare la direttiva UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), che impone dei limiti di leva e derivati;
  • infine, secondo la MIFID II solo gli investitori “professionali” possono accedere a strumenti privi di KID o non UCITS. Un investitore retail, anche se esperto, non può legalmente acquistare tali ETF.

ETF e consulenza finanziaria: il valore del metodo

Il quadro che emerge è chiaro: gli ETF non sono più solo strumenti “passivi e a basso costo”. Sono diventati un contenitore che può racchiudere qualsiasi esposizione: indici tradizionali, strategie attive, crypto, singoli titoli.

Questo non significa che ogni novità sia un’opportunità. Al contrario: più cresce l’offerta, più diventa fondamentale distinguere tra strumenti utili e strumenti rischiosi, tra marketing e reale valore.

La vera differenza non la fa il singolo ETF, ma il metodo di gestione: saper scegliere, combinare e adattare gli strumenti giusti a seconda del contesto di mercato e delle esigenze del cliente.

Se vuoi un’analisi approfondita del tuo portafoglio o vuoi capire come integrare gli ETF più efficienti nella tua strategia di investimento, puoi richiedere un confronto diretto con i nostri consulenti.

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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