Introduzione

Le obbligazioni zero-coupon, in linea di principio, sarebbero un buon strumento per compensare le minusvalenze. Un’obbligazione zero-coupon è un’obbligazione che non paga cedola, viene emessa a un prezzo inferiore a 100 e rimborsa 100 alla scadenza. La differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita, o di rimborso a scadenza, dovrebbe creare una plusvalenza con cui compensare eventuali minusvalenze pregresse, secondo le regole di cui abbiamo parlato nell’articolo: “La tassazione degli investimenti finanziari: una guida”.

Tuttavia, come spesso accade quando si ha a che fare con la fiscalità, le cose sono più complicate di quanto appaiano, la plusvalenza infatti potrebbe non essere interamente deducibile; da qui l’uso del condizionale nel paragrafo precedente.

Vediamo insieme il meccanismo di calcolo e le differenze tra le varie tipologie di obbligazioni.

La tassazione degli zero coupon

La tassazione degli zero-coupon non si basa solo sulla differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita (o prezzo di rimborso), ma contempla un terzo elemento: il prezzo teorico. Il prezzo teorico è stato introdotto come concetto perché come visto negli articoli relativi alle minusvalenze le cedole di un’obbligazione sono classificate come reddito da capitale e quindi non compensabili con le minus; il legislatore, quindi, ha introdotto il concetto di prezzo teorico nel caso delle obbligazioni senza cedola: una sorta di componente cedolare implicita.

Che cos’è il prezzo teorico?

Si tratta del prezzo che l’obbligazione dovrebbe avere se considerassimo esclusivamente la dinamica dello sconto del titolo, utilizzando quindi la sola variabile tasso di interesse implicito all’emissione; in termini tecnici, il disaggio di emissione o scarto di emissione, rispetto al valore nominale di rimborso.

Se un’obbligazione viene emessa a 100 e rimborsata a 100 il suo rendimento è dato dalle cedole, nel caso delle obbligazioni zero coupon questo rendimento viene calcolato come sconto sul prezzo di emissione (in pratica è come se sottraessimo al prezzo di emissione pari a 100 il valore attuale delle cedole future).

Se il prezzo teorico è il prezzo che il titolo avrebbe se non esistesse il mercato, il prezzo reale o prezzo di mercato è invece determinato dalla domanda e dall’offerta, dall’andamento dei tassi di interesse post-emissione e così via, una volta che il titolo è quotato. Ovviamente, alla quotazione, prezzo di mercato e prezzo teorico coincidono.

Questa distinzione fa sì che esistano due tipi di utile o perdita: quella tra il prezzo teorico di acquisto e vendita e quella tra il prezzo di mercato di acquisto e vendita.

Per capirne le conseguenze sul piano fiscale, prendiamo come esempio un’obbligazione zero coupon emessa da Banca IMI con scadenza 05/2026, codice isin: XS1394283078.

L’obbligazione è stata emessa nel 2016 a 89,05 e la data di scadenza per il rimborso a 100 è il 2026. Il prezzo di mercato odierno dell’obbligazione è di circa 96,91 €.

Qual è invece il prezzo teorico?

La formula per calcolare il prezzo teorico è basata sul prezzo di emissione al quale si aggiungono gli interessi calcolati utilizzando il tasso d’interesse implicito al momento dell’emissione. In un grafico, quindi, l’andamento del prezzo teorico dall’emissione alla scadenza sarà rappresentato da una retta che punta a 100 (su periodi lunghi non è una retta, ma una funzione esponenziale per via dell’interesse composto).

Vediamo, tuttavia, con un esempio l’effetto fiscale al quale abbiamo accennato. Immaginiamo di aver acquistato e venduto l’obbligazione ai prezzi e alle date indicati nella tabella sottostante.

Se vendiamo questo titolo, che tipo di reddito generiamo e come siamo tassati? La risposta è che possiamo distinguere due utili:

L’utile che facciamo rispetto al prezzo teorico, pari a 94,972€ – 91,604€ = 3,368€.

L’utile che facciamo rispetto al prezzo di mercato, pari a 97,026€ – 79,727€ = 17,299€.

Sulla base di questa distinzione, l’agenzia delle entrate distingue due redditi:

  • Un reddito da capitale di 3,368€ che corrisponde al guadagno rispetto al prezzo teorico. Tale guadagno può essere considerato certo e definito, dal momento che è deducibile a priori dalla matematica finanziaria che definisce un’obbligazione. Come reddito di capitale, non compensa eventuali minusvalenze pregresse e si pagano le tasse come su una normale plusvalenza.
  • Un reddito diverso che corrisponde al differenziale, positivo o negativo, rispetto all’utile teorico/reddito di capitale. In altri termini, nel nostro esempio: 17,299€ – 3,368€ = 13,931€. Questo reddito, in quanto reddito diverso, può essere utilizzato a fini compensativi e quindi ridurre eventuali minusvalenze pregresse.

Nell’esempio appena visto, abbiamo ipotizzato di acquistare l’obbligazione a un prezzo inferiore a quello teorico e di venderla a un prezzo superiore perché i tassi dopo la quotazione si sono alzati.

Uno scenario diverso, e peggiore, è quello in cui il prezzo di mercato di acquisto è superiore al prezzo teorico e quello di vendita è inferiore. In un caso del genere, da un lato generiamo plusvalenze fiscalmente non efficienti e dall’altro creiamo minusvalenze.

L’aggio di emissione

Se è importante prestare attenzione al disaggio di emissione, ci sono anche casi in cui un’obbligazione può essere emessa sopra il 100, creando un aggio di emissione.

Obbligazioni di questo tipo sono state emesse qualche anno fa quando i tassi, si ricorderà, erano vicini allo zero e a volte anche negativi. Se un cliente ha acquistato un bond al prezzo di emissione di 100,4, alla scadenza il rimborso sarà di 100 e quei 40 centesimi che costituiscono l’aggio di emissione non produrranno alcuna minusvalenza compensabile.

Se invece lo stesso cliente avesse acquistato quell’obbligazione a 100 o valori inferiori (post-emissione), dal momento che il prezzo di emissione era di 100,4 dal punto di vista fiscale si troverebbe a pagare una plusvalenza al rimborso, avendo comprato quel titolo a sconto (100) rispetto al prezzo a cui era stato emesso (100,4); si tratta di una convenzione fiscale automaticamente applicata dagli intermediari.

Le obbligazioni a tasso zero

Le obbligazioni zero coupon vanno distinte da un’altra tipologia di titoli, con cedola esistente ma pari a zero e per questo con un profilo fiscale più efficiente: i titoli con tasso fisso 0%. Si tratta di obbligazioni a tasso fisso che però sono state emesse a 100 o qualche centesimo sotto 100. Un esempio è il BTP 0% Agosto 2026, che è stato emesso a 99.91, oppure l’obbligazione BMW Finance 0% Gennaio 2026.

Questi strumenti sono fiscalmente efficienti perché tutto il differenziale tra prezzo di acquisto e prezzo di rimborso costituisce reddito diverso che, come tale, può andare a compensare eventuali minusvalenze dello zainetto fiscale. Infatti, a seguito dell’aumento dei tassi nel 2022 si è generato un profondo scostamento che ha portato il prezzo di mercato molto più in basso rispetto al prezzo della sola componente interessi che sarebbe vicinissimo a 100 (questa componente nel caso degli zero coupon come abbiamo visto viene chiamata prezzo teorico).

È importante notare che questo tipo di emissioni obbligazionarie sono un residuo del mondo a tassi zero (o negativi) di qualche anno fa e diventeranno sempre più rare a mano a mano che quelle esistenti giungono a scadenza, a meno che i tassi non tornino vicino allo zero.

Conclusione

La tassazione delle obbligazioni presenta alcune complicazioni fiscali che è importante conoscere per evitare spiacevoli sorprese, quali minusvalenze (o tasse) inaspettate e redditi da capitale non compensabili.

La scelta degli strumenti migliori dal punto di vista fiscale è una componente fondamentale nella costruzione e gestione di un portafoglio di investimento. Solo un consulente finanziario indipendente con anni di esperienza nella gestione di portafogli complessi, come RV Capital Partners, può consigliarti e accompagnarti nel sentiero tortuoso della fiscalità finanziaria in Italia.

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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