Il TFR o Trattamento di Fine Rapporto è un istituto che caratterizza il rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, in Italia. Il datore di lavoro, ogni anno, accantona una somma di denaro che dovrà poi elargire al lavoratore al termine del rapporto (per dimissioni, licenziamento o pensionamento). 

Dal 2005, un lavoratore dipendente può scegliere se lasciare questo salvadanaio-tesoretto in azienda o se versarlo in un fondo pensione. Ha sei mesi di tempo dall’assunzione per prendere una decisione e se non effettua alcuna scelta vige il silenzio-assenso a favore del fondo pensione. Tale scelta, sia essa esplicita o tacita, è irreversibile (non si può far rientrare il TFR in azienda), mentre è sempre possibile, in un secondo momento, trasferire il TFR dall’azienda al fondo pensione.

La risposta più corretta è che dipende:

  • dall’età,
  • dalla situazione lavorativa,
  • dalla propensione al rischio,
  • e così via.

Se si opta per investire il TFR nel fondo pensione, poi, è fondamentale selezionare il fondo pensione più efficiente e l’asset allocation più in linea con i propri obiettivi. 

La scelta migliore partirà in ogni caso da un’analisi degli elementi oggettivi che distinguono le due opzioni (TFR in azienda vs TFR al fondo pensione). Il legislatore italiano, con l’intento di affiancare un sistema pensionistico pubblico carente, ha introdotto una serie di vantaggi fiscali per il risparmiatore che si rivolge alla previdenza complementare; conoscerli è essenziale per una corretta pianificazione pensionistica e, nel caso specifico, per la gestione del proprio TFR.

Il Codice civile prevede che il TFR in azienda sia rivalutato annualmente per una percentuale pari all’1,5% + 75% dell’inflazione ISTAT (misurata dall’indice FOI rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente).

In alternativa a questo rendimento fisso e uguale per tutti, il fondo pensione consente di esporsi ai mercati finanziari, scegliere il tipo di gestione finanziaria che si preferisce (azionaria, obbligazionaria, bilanciata, ecc.) e avere rendimenti potenzialmente più elevati. 

Parliamo qui di rendimenti lordi del TFR. Su questi rendimenti c’è una tassazione e, nel caso dei fondi pensione, ci sono diverse voci di costo. 

Il TFR è tassato in varie fasi della sua vita: in fase di accumulo, in fase di erogazione finale (liquidazione) e in fase di riscatto anticipato.

Tassazione durante l’accumulo

Se lasciato in azienda, la rivalutazione del TFR è soggetta a imposta sostitutiva del 17%. Nel fondo pensione, invece, l’aliquota è del 20% e del 12,5% per titoli di stato ed equiparabili.

Il rendimento del TFR in azienda è tassato, in sostanza, come il rendimento di un fondo pensione composto per il 60% da azionario e per il 40% da obbligazionario governativo. 

Un portafoglio di questo tipo, in contesto di inflazione controllata, sembrerebbe ben posizionato per fare meglio della rivalutazione aziendale e questo potrebbe farci pensare che il rendimento del TFR nel fondo pensione sia quasi sempre migliore di quello ottenuto in azienda. 

Ma ci sono due aspetti di cui tenere conto:

  • La capacità di battere la rivalutazione aziendale dipende da vari fattori, quali la capacità del gestore e i costi dei fondi pensione. 
  • Un lavoratore vicino alla pensione e che preferisce rendimenti certi, potrebbe preferire la rivalutazione aziendale fissa all’aleatorietà e incertezza dei mercati.

Tassazione alla liquidazione

In fase di erogazione, cioè quando si raggiunge l’età pensionabile, il TFR in azienda è tassato con l’aliquota media Irpef degli ultimi 5 anni di attività lavorativa; il TFR nel fondo pensione ha invece un’aliquota agevolata che va da un massimo del 15% a un minimo del 9% (c’è una riduzione dello 0.3% per ogni anno di partecipazione al fondo successivo al quindicesimo). 

In linea generale, l’aliquota offerta dai fondi pensione è più conveniente dell’aliquota applicata al TFR in azienda. Tuttavia, anche in questo caso, è importante valutare la situazione caso per caso: per un lavoratore prossimo alla pensione, che data la poca permanenza nel fondo non avrebbe sconti sul 15%, la differenza potrebbe non essere così rilevante e, se ci sono altri fattori che intervengono, potrebbe essere più conveniente lasciare il TFR in azienda.

Riscatto anticipato: regole e aliquote

Se si decide di riscattare anticipatamente una parte del TFR, la fiscalità è la medesima per l’azienda e per il fondo pensione. Si pagherà tra il 15% e il 9% in caso di spese sanitarie e il 23% negli altri casi previsti. 

Quali sono gli altri casi e che differenze esistono tra azienda e fondo pensione? Li abbiamo riassunti qui sotto.

Come si vede, sotto il profilo delle anticipazioni, il TFR è in qualche modo meno accessibile se lasciato in azienda.  Ci sono però delle importanti precisazioni da fare:

  • Se si cambia lavoro, il TFR in azienda viene liquidato immediatamente al lavoratore. Ciò non accade con il fondo pensione che potrà essere parzialmente riscattato solo in caso di lunghi periodi di disoccupazione. Per un “job hopper”, il dipendente che cambia spesso azienda, la maggiore “liquidità” del fondo pensione in azienda potrebbe essere indispensabile.
  • Quando si raggiunge la pensione, salvo alcune eccezioni, si può prelevare sotto forma di capitale non più del 50% del montante accumulato; la parte restante viene distribuita negli anni come rendita.[1] Si tratta di una limitazione che alcuni preferirebbero non avere. In questo caso, lasciando il TFR in azienda si potrebbe attingervi interamente in un’unica soluzione. 

Un’ulteriore considerazione da fare riguarda la sicurezza del proprio tesoretto in azienda. 

Qui è importante distinguere due casi: l’azienda con più di 50 dipendenti e l’azienda con meno di 50 dipendenti. Nel primo caso, il TFR viene trasferito al Fondo Tesoreria INPS. Il secondo caso è più delicato, perché è responsabilità del datore di lavoro accantonare il TFR per ogni dipendente. 

Può succedere che il titolare utilizzi il TFR come autofinanziamento, contando sul fatto che per lungo tempo non dovrà erogarlo. Questa situazione può generare difficoltà, per esempio se il dipendente vuole accedere anticipatamente al proprio TFR. 

È bene sottolineare, tuttavia, che esiste un fondo di garanzia INPS a tutela dei crediti retributivi maturati dal dipendente (tra cui rientra il TFR).

Se si decide di trasferire il TFR fuori dall’azienda è fondamentale prestare attenzione alla scelta del fondo pensione, in modo da selezionare quello più efficiente e performante. Molti fondi pensione hanno dei costi così alti che le chance che facciano meglio della semplice rivalutazione aziendale sono molto basse. 

Per avere una panoramica, si può visionare la relazione che la Covip, Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, compila ogni anno sulla previdenza integrativa in Italia. Una metrica importante da attenzionare è l’ISCindice sintetico dei costi

Esistono tre tipologie di fondi pensione, che elenchiamo in ordine ascendente di costo:

  • fondi pensione negoziali (FPN): sono fondi di categoria, a cui si può accedere perché si fa parte di qualche categoria. Per esempio, c’è Telemaco per le telecomunicazioni, Espero per la scuola, Cometa per i metal-meccanici, Previmoda per la moda, ecc. 

Questi fondi sono organizzazioni senza scopo di lucro e l’ISC medio, di conseguenza, è molto basso e si aggira intorno allo 0,45%.

  • fondi pensione aperti (FPA): sono fondi accessibili a qualsiasi categoria di lavoratore. L’ISC medio si aggira tra l’1,2% e l’1,4%, fino a tre volte superiore rispetto a quello dei fondi negoziali.
  • Piani Individuali Pensionistici (PIP): sono contratti assicurativi di ramo I, ramo III o multiramo. Questi sono i prodotti in assoluto più costosi: con un ISC medio tra l’1,9% e il 2,2% risultano fino a 4 volte più costosi di un fondo negoziale.

I fondi pensione, nella forma di FPA e PIP riproducono in modo esemplare le inefficienze dei fondi comuni di investimento su cui abbiamo più volte messo l’accento. 

Se non si appartiene a qualche categoria con uno specifico fondo di riferimento, è perciò molto importante farsi consigliare in modo indipendente e libero da conflitti di interesse su quelli che possono essere i fondi più efficienti. 

Il TFR è una retribuzione differita e, come tale, chiama in causa il valore temporale del denaro. Preferiamo avere un’obbligazione indicizzata all’inflazione (se optiamo per la rivalutazione aziendale) o preferiamo entrare nel gioco storicamente e potenzialmente più redditizio dei mercati (entrando nel mondo dei fondi pensione)? 

Per rispondere a queste e altre domande è necessaria una conoscenza approfondita della legislazione in merito nonché del complesso mondo dei fondi pensione.

La scelta su come destinare il TFR può incidere in modo significativo sul futuro del tuo patrimonio. Un’analisi personalizzata ti permette di individuare il fondo pensione più adatto ed evitare soluzioni costose o inefficaci. Vuoi capire qual è la strada migliore per te?


[1] È possibile ritirare l’intero capitale se l’importo della rendita annua vitalizia derivante dalla conversione del 70% del montante finale è inferiore al 50% dell’assegno sociale.

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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