Nell’ambito del suo discorso annuale al mercato finanziario, il presidente Consob, Paolo Savona, ha parlato della necessità di mettere a reddito l’enorme mole di risparmio degli italiani ferma nei conti correnti. Osservando che con una remunerazione di un solo punto percentuale questo risparmio avrebbe fruttato al “sistema Italia” ben 30 miliardi l’anno pari al 2% del prodotto interno lordo.

Questo il contesto attuale riassunto dall’ottimo editoriale di Gianfranco Ursino nel Sole 24 Ore di sabato 19 giugno.

Vitaliano D’Angerio, anch’egli giornalista del Sole 24 Ore, ha quindi chiesto ad una serie di esperti del settore, quali potrebbero essere gli strumenti o prodotti da comprare per ottenere un rendimento dell’1% al netto di costi e inflazione; in riferimento al discorso di Paolo Savona.

Di seguito le mie risposte a Vitaliano e l’articolo pubblicato sabato 19 giugno sul Sole 24 Ore.

Esiste un prodotto finanziario, uno strumento, che renda l’1% al netto di costi e inflazione?

Purtroppo, in area euro, ad oggi, non c’è nessun prodotto obbligazionario ad un livello di rischio basso che permetta un rendimento positivo al netto di costi e inflazione.

I BTP indicizzati all’inflazione offrono, ai prezzi attuali, rendimenti negativi o nulli su scadenze inferiori ai 5 anni. Su scadenze superiori bisogna considerare il rischio tasso, ossia l’impatto negativo derivante da movimenti avversi nei tassi ed in ogni caso i rendimenti sono veramente molto bassi e non tali da giustificare il rischio.

Anche guardando al mercato dei titoli corporate e subordinati la situazione non cambia di molto. È necessario sia rischio tasso (duration lunga) che rischio di credito (non si tratta più di titoli di stato ma di banche o assicurazioni) per avere rendimenti tutto sommato esigui: ad esempio, un obbligazione Unicredit 2027, lower tier 2, quindi un titolo subordinato offre un rendimento a scadenza netto del 2.6% con una duration pari a 5 anni.

Se questo strumento/prodotto non esiste, cosa può fare il risparmiatore per non perdere l’1,3% di inflazione?

Nel nostro paese vi è la tendenza ad oscillare tra due estremi quando si tratta di investimenti: nessun rischio o speculazione. Dai BTP al Bitcoin, dalle polizze alla speculazione su singoli titoli azionari che nel caso del mercato italiano sono spesso molto volatili.

La chiave per risolvere il problema è da ricercarsi nella presa di rischio consapevole e monitorata. I tassi governativi a zero hanno di fatto annullato un asset class, quella cosiddetta risk free, e quindi un portafoglio deve avere una componente azionaria e di titoli ad alto rendimento (high yield) per avere delle chances di performance nel tempo. Si tratta di assumere rischi controllati sposando l’orizzonte temporale dell’investimento nel medio-lungo periodo in modo da massimizzare le probabilità di rendimenti positivi e di sfruttare la volatilità dei mercati quando si ha della liquidità a disposizione da investire.

Quindi: portafogli diversificati e con presenza di tutte le asset class rilevanti. Facendo attenzione all’esposizione globale evitando il cosiddetto home country bias, la tendenza a dare un peso eccessivo a ciò che è familiare, i titoli azionari ed obbligazionari italiani.

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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