Nel corso di un interessante approfondimento dedicato alle elezioni americane e all’influenza che possono avere sul mercato delle materie prime, Il Sole 24 Ore ha chiesto a noi e ad altri gestori delle opinioni sulla situazione.
Di seguito il nostro commento completo al giornale e l’articolo pubblicato sabato 8 giugno 2024. Cliccare sull’immagine dell’articolo per ingrandirla.
“Io credo che si debba partire da un assunto: i governi amano il mercato finanziario e il meccanismo di fissazione dei prezzi in regime di libero mercato fintanto che il mercato da loro il prezzo che vogliono. La storia ha dimostrato che i governi non sono neutrali ai prezzi e decidono da che parte stare a seconda dello scopo che vogliono ottenere. I governi vogliono tre cose dal punto di vista economico: controllare l’offerta di moneta, il prezzo della moneta (l’inflazione) e i tassi di cambio ma non è possibile controllare contemporaneamente tutte e tre le cose. La storia finanziaria ci dice che nei momenti di svolta i governi decidono di focalizzarsi sull’offerta di moneta e sul prezzo e lasciano andare il tasso di cambio. Questi fattori sono importanti per tutti i governi ma sono particolarmente importanti per la seconda economia del mondo: la Cina. In Cina queste decisioni verranno prese da un uomo, Xi Jinping e le decisioni di un solo uomo sono molto più difficili da prevedere di quelle di molti. Ma le sue decisioni avranno un impatto rilevante in tutto il mondo. Non c’è un asset class che non sarà impattata dalle decisioni che prenderà Xi Jinping.
Governi in carica e banche centrali erano molto preoccupati dall’andamento dell’inflazione nel 2022 inflazione che è generata in misura importante anche dall’aumento del prezzo delle commodities che sono raddoppiate da inizio 2021 a maggio 2022 (indici broad commoties). Governi e banche centrali sanno bene che l’inflazione non è così facile da combattere e che ha la tendenza a manifestarsi in cluster (un aumento genera aumenti successivi come le scosse del terremoto). I governi in carica e coloro che sono in corsa per le elezioni concentreranno dunque i propri sforzi da un lato sul contenimento dell’inflazione e dall’altra sulla creazione di una supply chain che sia indipendente dalla Cina. Ma la supply chain è veramente un tema chiave per il prezzo delle materie prime. In un mondo non più globalizzato nel senso economico del termine e con crescenti tensioni tra i paesi maggiormente industrializzati rischiamo di assistere a quello che gli economisti chiamano supply shock. Uno shock dell’offerta di materie prime, che ricordiamolo sono il carburante dello sviluppo economico, provocherebbe un’impennata dei prezzi generalizzata anche in condizioni di riduzione della domanda. Ma anche la domanda rischia di aumentare soprattutto per alcune particolari materie prime dati gli obiettivi che quasi tutti i governi occidentali condividono di rendere l’economia più “green” e indipendente dalla Cina e da altri paesi considerati non alleati della NATO.”
Renato Viero per Il Sole 24 Ore