“Il capitalismo senza fallimenti è come la religione senza il peccato”
Immaginiamo di andare a messa domenica e di sentirci dire che non c’è nessun inferno e che andremo tutti in paradiso indipendentemente dal nostro comportamento. Questo incentiverebbe i fedeli a comportarsi meglio o peggio davanti alle tentazioni? Il continuo intervento nel sistema finanziario crea una situazione di azzardo morale, abbiamo un capitalismo senza fallimenti e debiti sempre maggiori.
Per supportare un sistema economico sempre più disallineato, le banche centrali stanno espandendo i bilanci e supportando l’economia. Tutto questo si traduce in un aumento del debito nel sistema, sia a livello di stati che di grandi aziende. Il problema però è diventato talmente rilevante e pericoloso da spaventare i leader politici, e l’ordine ai banchieri centrali è quello di impedire con tutti i mezzi l’effetto “a cascata”. Quello di cui parlavamo in caso di downgrade delle obbligazioni investment grade tipo Ford. Per far fronte a questo problema e soddisfare le richieste dei politici le banche centrali stanno conducendo il più grande esperimento di politica monetaria mai visto in tempo reale. Stanno stampando moneta ad una velocità mai vista prima, per impedire fallimenti e situazioni di default (bancarotta). Nel corso del mese scorso il livello di intervento della banca centrale americana nel sistema ha superato in termini di quantità monetaria tutte le manovre precedenti. Si tratta di cifre da capogiro, difficili da quantificare, ma che avranno effetti a lungo termine sul sistema socio-economico. Nel fantastico grafico di Bianco Research qui sotto, possiamo vedere il rapporto tra il bilancio delle principali banche centrali e il prodotto interno lordo dei paesi (Federal Reserve = USA):
Ma non si può risolvere un problema di solvibilità con la liquidità. Se un imprenditore non fa utili, ma perdite e continua ad ottenere credito dalle banche a livelli sempre più convenienti continuerà a produrre perdite sempre maggiori e la bancarotta quando arriverà sarà disastrosa rispetto alla situazione in cui a fronte di perdite iniziali non viene più concesso il credito. Se c’è la percezione che le banche centrali comunque salveranno la situazione si incentiva il comportamento rischioso, da parte delle grandi aziende ovviamente, quelle che beneficiano dei salvataggi mentre le piccole e medie imprese che rappresentano il tessuto economico e sociale di tutti i paesi del mondo vengono lasciate a se stesse. Gli azionisti delle grosse aziende non subiscono gli effetti della malagestione grazie ai salvataggi delle banche centrali e a pagare il conto rimane la collettività. Questo aumenta il divario tra le classi molto ricche, coloro che detengono il capitale e le azioni delle grosse aziende, il cosiddetto 1%, e il resto del mondo. All’aumentare del divario sociale, aumentano i disordini e l’insoddisfazione, e aumenta anche la probabilità di elezione di governi populisti che inneggiano ad un “cambiamento”. E’ un copione tristemente conosciuto, le similitudini con gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso sono anche troppe.
Una però ci preoccupa più delle altre in questa sede, ossia gli effetti di lungo periodo dell’intervento monetario massiccio. L’inflazione, o la sua mancanza, la deflazione.
Si dice che non si ha veramente capito un concetto se non si è in grado di spiegarlo in maniera semplice. Proviamo a spiegare il problema dell’inflazione con un analogia. Nella bellissima serie tv “Chernobyl” il protagonista ed eroe, un professore di fisica nucleare, spiega ad un pubblico non tecnico il funzionamento di un reattore nucleare.
E’ estremamente calzante dal mio punto di vista per spiegare la relazione tra cicli economici e l’inflazione. In pratica quando un reattore si raffredda troppo diventa instabile e pericoloso; bisogna quindi inserire dei “correttivi” per riportarlo verso l’equilibrio, alla temperatura di funzionamento ottimale. Nel caso di Chernobyl sono stati inseriti troppi correttivi per aumentare la temperatura interna in troppo poco tempo e dal momento che la risposta del reattore ha un ritardo, un lag, quando ci si è resi conto che si stava surriscaldando troppo era già troppo tardi, il reattore era già diventato instabile e poi è esploso. Stampare moneta è come cercare di riscaldare il reattore, se lo si fa nel modo giusto è un buon incentivo per riportare il sistema al punto di corretto funzionamento dando uno stimolo, se si esagera si corre il rischio che il reattore si scaldi troppo ossia che vi sia inflazione, un aumento dei prezzi generalizzato di molto superiore al grado di crescita. Il sistema economico e in generale molti sistemi complessi, si veda ancora Mandelbrot, devono stare in una situazione di costante equilibrio e anche in questo caso gli effetti delle azioni correttive si possono osservare solo con ritardo. Se effettivamente si andrà verso una situazione di disequilibrio con conseguente perdita di valore delle valuta non è possibile saperlo ora. Ma osservando quello che sta succedendo bisogna assolutamente prepararsi a questa eventualità e proteggersi, il rischio è troppo alto.
Quando non c’è crescita economica non può esserci inflazione. Siamo attualmente in uno scenario deflazionistico e recessivo tipico della fine di un ciclo economico, in questo caso il più lungo della storia. Purtroppo però siamo anche carichi di debito che dovrà essere ripagato e ci sono solo due vie d’uscita: i fallimenti a catena o la perdita di valore nominale del debito attraverso la creazione di moneta. In pratica le banche centrali creano talmente tanta moneta da diminuire il valore reale del debito.
E’ la prima volta che manovre del genere vengono condotte su scala globale ma ci sono stati già casi in sistemi circoscritti dai nomi esotici o tutt’altro che allegri tipo la repubblica di Weimar, lo Zimbabwe, il Venezuela. Sappiamo tutti cosa è successo alle valute in questi casi.
Il problema ora è che se l’esperimento sfugge di mano potrebbero esserci forti pressioni inflattive sulle tre valute principali del sistema economico mondiale: dollaro, euro e yen. Che cosa hanno in comune i cosiddetti “beni rifugio” e ciò che viene considerato “riserva di valore” come ad esempio diamanti e oro? La quantità nel sistema è limitata. Dati i presupposti e la situazione ci saranno diverse fasi da gestire dal punto di vista del portafoglio finanziario:
Una prima fase deflazionistica, ossia recessione economica e inflazione negativa (deflazione) a causa della domanda nulla. Quella in cui siamo ora, in questa fase bisogna avere un’esposizione al rischio difensiva e non bisognerà combattere le banche centrali, ma assecondarle comprando in maniera selettiva ciò che loro stanno comprando. Ossia i metalli preziosi e titoli governativi su varie scadenze selezionate. Un discorso a parte meritano i titoli di Stato Italiani che in questa fase potrebbero essere penalizzati dalle pressioni sull’area euro. Ricordiamo inoltre che l’euro continua a essere molto in svantaggio rispetto al dollaro, specialmente in questa fase, e dato che possiamo investire in un mercato globale, perché non farlo?
Una fase di stagflazione seguita da una ad inflazione crescente. In queste due fasi le pressioni sul sistema potrebbero essere tali da allontanare un sistema economico già fragile dall’equilibrio. Potremmo avere crescita economica che torna ad essere positiva a seguito degli stimoli monetari e un’inflazione che aumenta in maniera eccessiva e che potrebbe andare fuori controllo o comunque assestarsi su livelli alti. In questa fase bisognerà essere molto aggressivi per preservare valore in particolare con esposizione alle materie prime, all’energia e ad alcuni settori ciclici.
Prepararsi in anticipo e distinguere bene le due fasi sarà fondamentale nei prossimi mesi dato che quello in atto è anche un cambiamento di paradigma, stiamo passando da un mondo a tassi al ribasso ad uno in cui i tassi aumenteranno e questo significa che investire nei prossimi dieci anni sarà completamente diverso dall’investire nei dieci appena trascorsi.