Conviene ancora investire nel mercato americano, e come gestire l’esposizione valutaria in un contesto di elevata volatilità?

A queste domande ha risposto Renato Viero su Il Sole 24 Ore Plus, riportiamo di seguito la versione integrale delle risposte date ai lettori.

Domanda 1:
“Ha senso investire in Treasury? Se sì, per che porzione del portafoglio obbligazionario e con quale duration?”

Risposta di Renato Viero:
«Il differenziale di tasso tra treasury americani e le obbligazioni dei paesi area euro è sicuramente alettante ma dobbiamo considerare il rischio cambio. Per noi investitori la cui valuta domestica è l’euro comprare i treasury in dollari significa esporsi alla volatilità del cambio euro-dollaro; non si tratta più dunque solo di un obbligazione governativa ma di una “scommessa” anche sull’andamento futuro del tasso di cambio che avendo una volatilità più alta dei tassi di interesse rischia di diventare il driver principale della posizione in treasury»

Domanda 2:
“Stesso discorso per le azioni Usa. Per quale porzione del portafoglio azionario e su quale indice/settore o eventualmente titoli?”

Risposta di Renato Viero:
«L’azionario americano resta la parte preponderante di un portafoglio globale diversificato così come rispecchiato dal peso degli Stati Uniti nell’indice MSCI World. Quando il cambio entra in un trend sfavorevole, per noi investitori in euro, bisogna prendere in considerazione di coprire (hedgiare) una parte dell’esposizione azionaria. In valuta locale l’azionario U.S. sta sottoperformando l’Europa e la Cina da inizio anno ma è presto per dire se ci si trova di fronte ad un inversione di un trend durato anni: per il momento le big tech americane restano dominanti in fatto di capitalizzazione di mercato. Di sicuro le politiche di Trump stanno accelerando l’azione degli altri paesi per cercare di contrastare l’egemonia Americana nelle principali arene competitive del mercato azionario. I settori che restano relativamente protetti dai dazi negli U.S. sono i finanziari, l’health care e le utilities. In Europa crediamo che i settori della difesa siano in una fase di relativa bolla»

Domanda 3:
“Il dollaro basso è un problema? Su quale orizzonte temporale non dovrebbe essere rischioso (e viceversa) ed eventualmente come ammortizzare il rischio (attività finanziarie, strumenti coperti ecc)?”

Risposta di Renato Viero:
«Il tasso di cambio è la più imprevedibile delle variabili finanziarie e non è facile fare previsioni. Ai miei clienti consiglio di lasciare il cambio scoperto quando l’euro-dollaro è in un trend a noi favorevole (come nel 2024) mentre consiglio l’utilizzo di ETF hedgiati almeno parzialmente quando il trend diventa a noi sfavorevole come oggi. Dal punto di vista teorico se siamo orientati al lungo periodo dovremmo lasciare scoperta la componente del cambio degli investimenti rischiosi (quindi azionario e materie prime) e coprire la componente risk-free (quindi obbligazionario governativo).»

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RENATO VIERO, CFA

Fondatore e Direttore Investimenti

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