- Qual è il contesto che sta influenzando i mercati in questo periodo?
- Ha senso mettere uno “stop” ai guadagni per uscire prima di un eventuale crollo dei mercati?
- Quali strategie tecniche adottate per evitare perdite significative nei portafogli?
- Ci sono altri elementi da considerare in questo contesto?
Sabato 15 novembre 2025 Il Sole 24 Ore ha pubblicato un approfondimento dedicato all’impiego di ETF, certificati e strategie algoritmiche nelle fasi di volatilità dei mercati.
In quell’occasione è stato richiesto un commento a Renato Viero CFA®.

Di seguito riportiamo le risposte integrali fornite alla redazione.
Qual è il contesto che sta influenzando i mercati in questo periodo?
Partiamo da una considerazione: un mercato che fa segnare nuovi massimi non è una condizione di eccezionalità, ma di normalità per i mercati. Bisogna ricordare infatti che solo nel 2025 l’indice S&P 500 ha fatto segnare ben 37 nuovi massimi (all-time highs). Conseguenza di ciò è che i mercati azionari hanno un “drift” positivo, ossia un rendimento annuale medio storico pari al 7%-8%.
In questo periodo ci sono stati dati migliori delle attese sul fronte macroeconomico (inflazione e disoccupazione) e anche la stagione degli utili ha sorpreso tutti al rialzo, in barba ai molti “valuation bears”, ossia coloro che ritengono le valutazioni troppo elevate e continuano a rinnovare previsioni di potenziali crash.
Ha senso mettere uno “stop” ai guadagni per uscire prima di un eventuale crollo dei mercati?
Per decidere se mettere uno stop ai guadagni o continuare a rimanere investiti bisogna partire dal proprio orizzonte temporale e dai propri obiettivi di investimento.
Se siamo investitori di lungo periodo, con un obiettivo di crescita del capitale, la storia e la statistica dimostrano che sono maggiori le probabilità di distruggere valore cercando di indovinare i punti di massimo, anticipandoli e reinvestendo successivamente. Nella maggior parte dei casi non saremo in grado di indovinare il massimo (che sarà seguito non da minimi, ma da nuovi massimi più in alto) e saremo costretti a inseguire un mercato che si muove al rialzo.
Ma anche nel caso in cui si esca dai mercati che poi scendono, la finanza comportamentale e la storia ci dicono che non è semplice rientrare nell’azionario indovinando il punto di minimo prima dell’inizio di una nuova fase rialzista: la maggior parte degli investitori resta paralizzata nell’attesa e la velocità delle riprese impedisce di catturare valore, costringendo spesso a ricomprare a livelli superiori rispetto a quelli di vendita. È ciò che è successo a molti investitori usciti durante la crisi dei dazi di quest’anno.
Questa dinamica è stata esasperata in tempi recenti dalla velocità dei movimenti, come abbiamo visto nel drawdown del 2020 (Covid) e in quello del 2025 (dazi).
Diverso è il discorso per i trader, che hanno un obiettivo di breve periodo e per i quali prese di profitto e riposizionamenti tattici sono la norma. Ma ricordiamo che coloro che riescono a farlo con successo sono molto meno di quanto si creda.
Quali strategie tecniche adottate per evitare perdite significative nei portafogli?
Per limitare le perdite durante le fasi di mercato discendenti, noi di RV Capital Partners utilizziamo un algoritmo proprietario basato sul trend following che punta a captare inversioni nel trend di lungo periodo nelle principali asset class, tra cui l’azionario.
Come per tutte le strategie quantitative, anche per il nostro modello esistono pro e contro. La chiave sta nell’ottimizzare i parametri dell’algoritmo, ossia la sensibilità del modello, in modo da evitare le inversioni di breve periodo molto frequenti nei mercati (-3%, -4%), ma essere sufficientemente reattivi da captare i drawdown più seri che potrebbero trasformarsi in vere e proprie crisi del -20% o -30%.
Se il modello è troppo sensibile, reagirà troppo spesso, costringendo a rientrare sul mercato dopo falsi segnali (reversals) e aumentando notevolmente costi di gestione e di negoziazione.
Nel corso del 2022 — una crisi con caratteristiche storiche nella norma in termini di volatilità e velocità — siamo riusciti a limitare con successo il drawdown e la volatilità dei nostri portafogli.
Nel corso della mini-crisi del 2025 invece, data la velocità e la natura degli eventi (dichiarazioni a catena di carattere geopolitico), abbiamo scelto di non intervenire e di restare full invested.
Esistono altre strategie che implicano posizioni corte o utilizzo di opzioni, efficaci nella limitazione dei drawdown, come il tail-hedging reso noto da Taleb e Spitznagel. Ma questo tipo di strategie è riservato a investitori istituzionali con sofisticazione e capacità di rischio molto superiori a quelle di un investitore retail.
Ci sono altri elementi da considerare in questo contesto?
Riassumendo, le crisi raramente arrivano quando tutti se le aspettano — come in questo momento — e bisogna ponderare a lungo se valga realmente la pena cercare di fare market timing, specialmente se non si hanno strumenti e metodo adeguati per farlo.
In alternativa alla vendita dell’azionario, la maggior parte degli investitori che si attendono un crollo potrebbe:
- vendere solo una parte del portafoglio rischioso, monitorando attentamente per non restare tagliati fuori da eventuali riprese;
- mettere temporaneamente in pausa i nuovi investimenti, accumulando capitale da impiegare al momento del ribasso (ma quando? a -10%, -20% o -50%? Il dubbio resta).
La soluzione migliore è non lasciare queste decisioni al caso o all’emotività, ma affidarsi a un professionista in grado di consigliare non solo sui mercati, ma anche sugli aspetti comportamentali, sempre alla luce dei propri obiettivi finanziari.

