Qualsiasi idiota può affrontare una crisi, è la vita quotidiana che ti logora
Anton Chekhov
Questa frase del grande commediografo e scrittore russo sembra più che mai adatta ai mercati finanziari degli ultimi 3-4 anni.
Affrontare i momenti ad alta volatilità e ridurre il rischio in portafoglio è una cosa, rientrare nei mercati e riportarsi al livello di rischio adeguato con i propri obiettivi di lungo periodo nel contesto di continua incertezza macroeconomica è tutt’altra faccenda.
Ora che siamo più che a metà dell’anno di trading, è interessante notare alcuni degli eventi legati alla finanza e al mercato azionario che si sono verificati finora nel 2023. Non c’è dubbio che abbiamo avuto alcuni eventi “outlier” (fuori serie storica).
Eccone alcuni esempi di seguito:
- Il debito sovrano degli Stati Uniti è stato declassato per la prima volta dal 2011.
- La debacle delle banche regionali U.S, all’inizio di quest’anno ha portato al secondo e terzo crollo bancario più grande nella storia statunitense. In Europa il crollo di Credit Suisse ha scosso le fondamenta del sistema bancario Europeo.
- La Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse al livello più alto da oltre due decenni.
- Relativamente al primo punto, il pagamento degli interessi sul debito pubblico degli Stati Uniti (solo il pagamento degli interessi!) è destinato a superare i 1.000 miliardi di dollari all’anno. Il debito delle famiglie statunitensi ha raggiunto un record di 17,1 trilioni di dollari.
- I fallimenti aziendali sono aumentati del 63% nei primi sei mesi del 2023.
- L’inversione della curva dei tassi (un noto indicatore di recessione di cui abbiamo scritto spesso) ha raggiunto il livello più basso da oltre 40 anni.
Potremmo ovviamente andare avanti all’infinito con una serie di dati macroeconomici negativi, inclusa l’inflazione persistente in Europa, ma fermiamoci qui. Se all’inizio dell’anno avessimo saputo tutte queste cose, e altre ancora, quanti di noi avrebbero immaginato che ci troveremmo oggi con il VIX a 16, il Nasdaq in rialzo del 34% da inizio anno e l’SP500 del 19%? Probabilmente non molti e certamente non io.
Ma, nondimeno, eccoci qui!
Prima di continuare, una piccola precisazione riguardo alle performance degli indici, che sono oggi caratterizzati da un peso molto alto di pochi titoli. In sostanza sono stati una decina di titoli a trascinare al rialzo i mercati mentre centinaia di altri hanno performance negative da inizio anno. La concentrazione molto alta di peso sugli indici e il differenziale di performance tra i titoli a maggior peso e gli altri nella storia ha sempre avuto esiti negativi nel breve e medio periodo per i mercati azionari.
La sorpresa, almeno in alcune aree, è stata probabilmente la resilienza dell’economia statunitense. Il PIL è stato migliore delle attese e il mercato del lavoro è stato più forte del previsto. Può questo sistema autosostenersi nonostante le molte crepe che si stanno aprendo, come i dati industriali e manifatturieri? Solo il tempo lo dirà… ma come minimo è probabilmente appropriato essere cauti mentre entriamo nella prossima fase del ciclo economico, soprattutto se i tassi di interesse rimangono bloccati vicino ai massimi degli ultimi decenni.
A tal proposito le due principali banche del mondo in termini di ricerca macroeconomica hanno da poco rilasciato le previsioni per la seconda parte dell’anno. J.P. Morgan, notoriamente la banca più rialzista di Wall Street, si dice sorpresa delle performance recenti e suggerisce cautela per la seconda parte dell’anno, focus sulla diversificazione e sui nomi ad alta qualità. Goldman Sachs, allo stesso modo, suggerisce prudenza per il futuro prossimo viste le performance recenti e senza scossoni della prima parte dell’anno (anche questa un anomalia: l’assenza di ritracciamenti).
La maggior parte degli operatori, data dependent, ossia che guardano ai dati per decidere come facciamo noi è stata cauta in questa prima parte dell’anno e continua ad esserlo.
Chi, dunque, ha approfittato delle performance citate in precedenza?
Coloro che non hanno variato la propria asset allocation nel 2022 ossia coloro che hanno anche perso parecchio nella fase discendente.
A conti fatti dunque era meglio non far nulla o ha avuto senso modificare l’asset allocation e restare però alla finestra nel corso del rally recente?
Ad oggi chi ha ridotto l’esposizione sta ancora vincendo rispetto a chi non l’ha fatto.
Inoltre, dobbiamo anche valutare l’aspetto psicologico, ci sono stati momenti in cui le perdite si aggiravano sull’azionario sul -35% (Nasdaq), il -25% (SP500) e il -18% (MSCI World), sicuramente numeri non facile da gestire quando si riferiscono al proprio patrimonio personale.
Tornando ai dati e guardando al futuro: l’ironia di un mercato del lavoro resiliente è che siamo probabilmente di nuovo al punto in cui la “buona notizia” è negativa per i mercati, in quanto è probabile che rafforzi l’atteggiamento “falco” della Fed spingendo ulteriori rialzi dei tassi.
La data in cui molti investitori e il mercato (misurato dai futures sui tassi della Fed) hanno previsto che la Fed smetterà di aumentare i tassi e/o inizierà a tagliarli è stata costantemente posticipata. Da un certo punto di visto questo ha senso, dato che l’economia, anche se su alcuni indicatori in ritardo, ha fatto meglio rispetto alle aspettative.
Ma ora abbiamo la complicazione dovuta al fatto che i prezzi iniziano nuovamente ad accelerare.
L’indice CRB, un’ampia misura dei prezzi delle materie prime, è salito di oltre il 10% negli ultimi due mesi ed è tornato ai massimi di quest’anno. All’interno di questo movimento delle materie prime, abbiamo effettivamente avuto alcuni movimenti sbalorditivi in materie prime specifiche nell’ultimo mese, con il latte in aumento del 24%, il formaggio del 16%, l’arancia 10%, il tè del 35%… e la lista potrebbe continuare.
La cosa più importante per l’inflazione ad oggi è il petrolio, che è salito di quasi il 12% nell’ultimo mese ed è il driver più diretto dell’inflazione in tempo reale. Il tempo ci dirà se vedremo un’accelerazione nel prossimo dato relativo all’inflazione (CPI), ma se le materie prime in generale continueranno su questa strada, l’accelerazione dell’inflazione sarà sicuramente in arrivo.
Tornando al mercato azionario, alcuni dei nostri partner specializzati nell’analisi dei flussi continuano a sottolineare livelli molto alti di opzioni a breve termine. Una dinamica che ha caratterizzato tutto l’ultimo anno di trading e che può portare a movimenti molto violenti nel momento in cui il trend cambia e i fondi a volatilità controllata diventano venditori netti, una dinamica conosciuta come “gamma flip”.
Guardando indietro, il calo della volatilità è stato un catalizzatore strutturale per l’acquisto di azioni e l’aumento della leva finanziaria quest’anno… e dei prezzi delle azioni sempre più alti.
Se la volatilità tenderà a salire, tutto ciò potrà cambiare molto in fretta.