Un lettore scrive al Sole 24 Ore deluso dalla filosofia d’investimento in dividendo.
Di seguito la domanda del lettore, la nostra risposta e l’articolo pubblicato sabato 27 agosto. Cliccare sull’immagine dell’articolo per ingrandirla.
Siamo coppia di pensionati con figli ormai indipendenti.
I nostri risparmi sono in parte gestiti da un consulente della banca ma io, ex bancario, mi diletto nella ricerca di azioni con un buon dividendo. Mi rivolgo da sempre sul mercato che meglio conosco ossia quello italiano. Per questo storicamente mi sono dedicato a investire in utilities come Enel e altre del settore Italigas e A2a. Ovviamente sono stato pesantemente penalizzato dal rialzo dei tassi e anche dallo scoppio guerra in Ucraina.
La filosofia del dividendo dunque mi ha un po’ deluso. Per questo vi chiedo se con i rialzi dell’obbligazionario in corso ha senso puntare su queste azioni. E come sono andati i fondi specializzati in azioni che staccando dividendi? Convengono?
I fondi e gli ETF specializzati in azioni che staccano dividendi sono andati molto bene in questo periodo di alta volatilità dei mercati con performance superiori a quelle dei principali indici azionari. Da inizio anno ad esempio il “Vanguard FTSE All-World High Dividend Yield”, un ETF con esposizione ad aziende ad alto dividendo di tutto il mondo, ha avuto una performance del +1,13% contro il -13,4% dell’indice S&P500 o il -17,30% dell’indice DAX nello stesso periodo. Ancora meglio sono andati gli ETF ad alto dividendo focalizzati sugli Stati Uniti dato che le aziende U.S. non sono state penalizzate dal rialzo dei prezzi dell’energia come quelle Europee; +12,79% la performance dell’ETF “SPDR S&P US Dividend Aristocrats”. La strategia ha quindi funzionato in questo periodo di forti ribassi degli attivi rischiosi.
Il problema del lettore e la ragione della sotto-performance del suo portafoglio, in base a quanto scritto, è da individuarsi principalmente in due elementi.
Il primo è nella scelta di investire direttamente in singole azioni limitando cosi fortemente la diversificazione, ricordo infatti che per ottenere un beneficio di diversificazione simile a quello offerto da un fondo o da un ETF dovrebbero essere presenti almeno 16 azioni in un portafoglio possibilmente con esposizione a tutte le aree geografiche. Un errore comune è quello di identificare due o tre titoli magari appartenenti allo stesso settore (ad. esempio utilities) e nello stesso mercato di riferimento (ad esempio l’Italia): ciò non soddisfa i requisiti minimi di un approccio diretto e porta ad un’eccessiva concentrazione del rischio.
Enel da inizio anno sta avendo una performance del -30,8%.
Il secondo elemento è nella concentrazione delle azioni in Italia, un area geografica molto specifica ma che non rappresenta adeguatamente il settore globale delle aziende ad alto dividendo. Questo errore comportamentale di investire in ciò che più si conosce, come scrive il lettore stesso, è molto comune e viene definito “home bias” ossia un pregiudizio su ciò che è “di casa”.
Detto questo va sottolineato che le azioni ad alto dividendo sono pur sempre azioni e la società che le emette può sempre smettere di pagare i dividendi e vedere le quotazioni del proprio titolo crollare se la remuneratività diminuisce drasticamente. Le azioni ad alto dividendo quindi tendono a performare meglio delle altre nei periodi ad alta volatilità dato che sono esposte a settori tendenzialmente più stabili e ad alto cash flow come i beni di prima necessità (consumer staples), quello delle materie prime/materiali o gli industriali.